sabato 27 dicembre 2014

L’epoca di Costantino

Descrivere la vita e le opere di Costantino, il grande Imperatore Romano a cui si deve tra l’altro l’Editto di Milano, è cosa difficile.
Si tratta di indagare in una sorta di melma storica.
Ci prova Andrea Ianniello, autore di un’opera di recente pubblicazione (“L’Imperatore Costantino tra storia e leggenda” Giuseppe Vozza editore – Caserta) nella quale l’autore indaga non solo sul fatto politico relativo al grande Imperatore (poco per la verità, non si tratta di una biografia propriamente detta), ma anche sul controverso periodo nel quale ha operato e sui rapporti tra Impero e Cristianesimo che hanno segnato in maniera decisiva quell’epoca.

Il IV secolo dopo Cristo è fortemente caratterizzato da una profondissima crisi che segna la romanità tutta ed in particolare quella d’Occidente.
Crisi morale, originata dalla diffusione sempre più capillare del cristianesimo nell’Impero, così come momento di grossa sofferenza in campo economico. Inoltre l’esercito ormai non era più in grado di contenere la spinta delle popolazioni barbariche oltre i confini di Roma.
Piccolo inciso: nell’accezione più tradizionale, il vocabolo "barbaro" non significava affatto “poco evoluto” o, peggio ancora “incivile”. Deriva dal greco ed indica il termine con il quale le popolazioni elleniche definivano coloro che non parlavano correttamente la lingua, dunque gli stranieri. E proprio come “stranieri”, cioè estranei a tutto ciò che è romano, venivano percepiti i barbari dal cives del III – IV secolo d.C.
Ritornando ai fatti di Roma, verso la fine del III secolo Diocleziano, allo scopo di favorire il decentramento amministrativo e per ridurre il peso delle decisioni che fino a quel momento gravavano sull’unica figura dell’Imperatore, aveva sperimentato la cosiddetta “tetrarchia”.
Due Augusti e due Cesari si erano di fatto spartiti la responsabilità amministrativa di un Impero enorme dal punto di vista territoriale.
Il seme del Medioevo era stato piantato.
Il suo processo di germogliazione, invero lentissimo, si concluderà solo verso la fine del VI secolo, quando Gregorio Magno riuscirà a riorganizzare in senso Cristiano ciò che rimaneva delle vecchie forme amministrative dell’Impero Romano.
La Roma tardo imperiale è un mondo nel quale tutto è messo in discussione, in cui praticamente in nessun campo si hanno solide piattaforme culturali sulle quali poggiare pensiero ed azione. Dal punto di vista storico, l’operare in zone di confine, cioè in un ambito nel quale i cambiamenti sociali sono così repentini da far sbiadire il limite tra ciò che è lecito e ciò che non lo è, crea i presupposti affinché emergano uomini dalla fortissima personalità ed in possesso di quella creatività e di quel coraggio utili a ricondizionare in maniera incisiva la società. Ovviamente questo è anche un rischio: ad esempio dalle sabbie mobili politiche e sociali che seguirono la fine della Prima Guerra Mondiale, emersero Mussolini, Hitler e Stalin, di sicuro figure fortemente carismatiche ma non proprio degli stinchi di santo!

Nel IV secolo spiccò Costantino. Pur agendo, come si è appena visto, in un momento storico di transizione, per molti versi è ancora un Romano nel senso classico del termine. Romana è la sua formazione, Romano è il suo modo di pensare e di agire, Romano è il suo fortissimo senso dello Stato. O meglio: dal punto di vista politico  è ancora un Romano.
Già, perché esiste un tarlo.
Questo tarlo si chiama Cristianesimo.
Ianniello descrive a chiare lettere quale sia stata l’attinenza tra l’Imperatore ed il Cristianesimo, prima e dopo Ponte Milvio e quanto la frequentazione (e si potrebbe anche aggiungere “l’amicizia”) con Eusebio di Cesarea abbia influito non tanto sulla sfera dell’azione politica dell’Imperatore, quanto su quella intima.  
Ponte Milvio è molto leggenda rinascimentale (Raffaello docet): secondo una delle tradizioni, prima della battaglia Costantino avrebbe visto in cielo (o sognato secondo la versione di Eusebio) una croce con accanto la scritta infuocata “In hoc signo vinces” – con questo simbolo tu vincerai. Costantino, il cui esercito era fortemente intriso di presenza cristiana fece precedere le truppe dal labaro imperiale con le lettere XP (Chi – Ro ovvero le prime due lettere greche della parola CHRISTOS) sovrapposte.  Fatto sta che l’Imperatore Massenzio venne sconfitto perdendo la vita e l’Impero d’Occidente fu nuovamente riunificato sotto un’unica insegna.
La leggenda vuole che quello fosse il momento topico per quanto riguarda la conversione al Cristianesimo. La realtà storica è ben diversa. È indubbio che la nuova religione ebbe un forte impatto nella coscienza dell’Imperatore che peraltro si convertì  solo in fin di vita , ma è anche indubbio che Costantino non venne mai meno al proprio compito di essere l’Imperatore di tutti i romani.
La vicinanza con Eusebio, vescovo ideologicamente vicino agli ariani che divenne il biografo del Sovrano ed al quale si deve certamente una forte influenza culturale sull’Imperatore, non gli impedì mai di avere la necessaria lucidità  per separare i fatti di coscienza dall’azione politica. Ne è prova la risolutezza con la quale diresse il Concilio di Nicea, che terminò con la sconfitta proprio di Ario e di Eusebio di Nicomedia. L’azione politica di Costantino è volta al benessere dell’Impero, che egli concepisce (e ciò è un suo grande merito) non solo in senso multietnico, ma anche culturalmente poliforme. Egli di certo è conscio della componente cristiana in rapida  ascesa, ma è per contro consapevole dell’ancora fortissimo peso della fazione di tipo tradizionale legata ai riti ed al mondo pagano.
Alla luce di questo anche l’Editto di Milano si può leggere in un’altra ottica.
Non si tratta solamente di un moto di coscienza del Sovrano, ma di vera e propria azione politica. Riconoscendo la libertà di culto ai cristiani, egli ufficializza la loro posizione all’interno dell’Impero e cerca di accoglierli nella grande famiglia della Romanità. Tanto è vero, come lo stesso Ianniello sottolinea, che l’Imperatore continuerà a presenziare ai riti ufficiali dello Stato, riti naturalmente di tipo pagano.
In realtà pare ormai abbastanza certo che attraverso l’Editto di Milano, Costantino e Licino (l’Imperatore di Oriente) si fossero adoperati per rendere effettivo l’Editto di Galerio del 311, nel quale si poneva fine alle persecuzioni di Diocleziano.

Figura di primissimo ordine sia per quanto riguarda la politica che il valore morale, Costantino riesce a rallentare la corsa verso il disfacimento dell’Impero Romano, ormai avviato inesorabilmente sul viale del tramonto. Ma ovviamente non può arrestarla. Nel IV secolo dopo Cristo, ormai Roma aveva fatto il suo tempo. Era tempo di nuove realtà e non poteva un singolo soggetto, per quanto grande fosse, impedire alla storia di fare il proprio corso.

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