Descrivere
la vita e le opere di Costantino, il grande Imperatore Romano a cui si deve tra
l’altro l’Editto di Milano, è cosa difficile.
Si
tratta di indagare in una sorta di melma storica.
Ci
prova Andrea Ianniello, autore di un’opera di recente pubblicazione
(“L’Imperatore Costantino tra storia e leggenda” Giuseppe Vozza editore –
Caserta) nella quale l’autore indaga non solo sul fatto politico relativo al
grande Imperatore (poco per la verità, non si tratta di una biografia propriamente
detta), ma anche sul controverso periodo nel quale ha operato e sui rapporti
tra Impero e Cristianesimo che hanno segnato in maniera decisiva quell’epoca.
Il
IV secolo dopo Cristo è fortemente caratterizzato da una profondissima crisi
che segna la romanità tutta ed in particolare quella d’Occidente.
Crisi
morale, originata dalla diffusione sempre più capillare del cristianesimo nell’Impero,
così come momento di grossa sofferenza in campo economico. Inoltre l’esercito
ormai non era più in grado di contenere la spinta delle popolazioni barbariche
oltre i confini di Roma.
Piccolo
inciso: nell’accezione più tradizionale, il vocabolo "barbaro" non significava affatto
“poco evoluto” o, peggio ancora “incivile”. Deriva dal
greco ed indica il termine con il quale le popolazioni elleniche definivano
coloro che non parlavano correttamente la lingua, dunque gli stranieri. E
proprio come “stranieri”, cioè estranei a tutto ciò che è romano, venivano
percepiti i barbari dal cives del III
– IV secolo d.C.
Ritornando
ai fatti di Roma, verso la fine del III secolo Diocleziano, allo scopo di
favorire il decentramento amministrativo e per ridurre il peso delle decisioni
che fino a quel momento gravavano sull’unica figura dell’Imperatore, aveva
sperimentato la cosiddetta “tetrarchia”.
Due
Augusti e due Cesari si erano di fatto spartiti la responsabilità
amministrativa di un Impero enorme dal punto di vista territoriale.
Il
seme del Medioevo era stato piantato.
Il suo processo di germogliazione, invero lentissimo, si concluderà solo
verso la fine del VI secolo, quando Gregorio Magno riuscirà a riorganizzare in
senso Cristiano ciò che rimaneva delle vecchie forme amministrative dell’Impero
Romano.
La Roma tardo imperiale è un mondo nel quale tutto è messo in discussione, in cui praticamente in
nessun campo si hanno solide piattaforme culturali sulle quali poggiare
pensiero ed azione. Dal punto di vista storico, l’operare in zone di confine,
cioè in un ambito nel quale i cambiamenti sociali sono così repentini da far
sbiadire il limite tra ciò che è lecito e ciò che non lo è, crea i presupposti
affinché emergano uomini dalla fortissima personalità ed in possesso di quella
creatività e di quel coraggio utili a ricondizionare in maniera incisiva la
società. Ovviamente questo è anche un rischio: ad esempio dalle sabbie mobili
politiche e sociali che seguirono la fine della Prima Guerra Mondiale, emersero
Mussolini, Hitler e Stalin, di sicuro figure fortemente carismatiche ma non
proprio degli stinchi di santo!
Nel
IV secolo spiccò Costantino. Pur agendo, come si è appena visto, in un momento
storico di transizione, per molti versi è ancora un Romano nel senso classico
del termine. Romana è la sua formazione, Romano è il suo modo di pensare e di
agire, Romano è il suo fortissimo senso dello Stato. O meglio: dal punto di vista politico è ancora un Romano.
Già,
perché esiste un tarlo.
Questo
tarlo si chiama Cristianesimo.
Ianniello
descrive a chiare lettere quale sia stata l’attinenza tra l’Imperatore ed il
Cristianesimo, prima e dopo Ponte Milvio e quanto la frequentazione (e si
potrebbe anche aggiungere “l’amicizia”) con Eusebio di Cesarea abbia influito
non tanto sulla sfera dell’azione politica dell’Imperatore, quanto su quella
intima.
Ponte
Milvio è molto leggenda rinascimentale (Raffaello docet): secondo una delle tradizioni,
prima della battaglia Costantino avrebbe visto in cielo (o sognato secondo la
versione di Eusebio) una croce con accanto la scritta infuocata “In hoc signo
vinces” – con questo simbolo tu vincerai. Costantino, il cui esercito era
fortemente intriso di presenza cristiana fece precedere le truppe dal labaro
imperiale con le lettere XP (Chi – Ro ovvero le prime due lettere greche della
parola CHRISTOS) sovrapposte. Fatto sta
che l’Imperatore Massenzio venne sconfitto perdendo la vita e l’Impero d’Occidente
fu nuovamente riunificato sotto un’unica insegna.
La
leggenda vuole che quello fosse il momento topico per quanto riguarda la
conversione al Cristianesimo. La realtà storica è ben diversa. È indubbio che
la nuova religione ebbe un forte impatto nella coscienza dell’Imperatore che
peraltro si convertì solo in fin di vita , ma è anche
indubbio che Costantino non venne mai meno al proprio compito di essere
l’Imperatore di tutti i romani.
La
vicinanza con Eusebio, vescovo ideologicamente vicino agli ariani che divenne
il biografo del Sovrano ed al quale si deve certamente una forte influenza
culturale sull’Imperatore, non gli impedì mai di avere la necessaria
lucidità per separare i fatti di
coscienza dall’azione politica. Ne è prova la risolutezza con la quale diresse
il Concilio di Nicea, che terminò con la sconfitta proprio di Ario e di Eusebio
di Nicomedia. L’azione politica di Costantino è volta al benessere dell’Impero,
che egli concepisce (e ciò è un suo grande merito) non solo in senso
multietnico, ma anche culturalmente poliforme. Egli di certo è conscio della
componente cristiana in rapida ascesa,
ma è per contro consapevole dell’ancora fortissimo peso della fazione di tipo
tradizionale legata ai riti ed al mondo pagano.
Alla
luce di questo anche l’Editto di Milano si può leggere in un’altra ottica.
Non
si tratta solamente di un moto
di coscienza del Sovrano, ma di vera e propria azione politica. Riconoscendo la
libertà di culto ai cristiani, egli ufficializza la loro posizione all’interno
dell’Impero e cerca di accoglierli nella grande famiglia della
Romanità. Tanto è vero, come lo stesso Ianniello sottolinea, che l’Imperatore
continuerà a presenziare ai riti ufficiali dello Stato, riti naturalmente di
tipo pagano.
In
realtà pare ormai abbastanza certo che attraverso l’Editto di Milano, Costantino
e Licino (l’Imperatore di Oriente) si fossero adoperati per rendere effettivo
l’Editto di Galerio del 311, nel quale si poneva fine alle persecuzioni di
Diocleziano.
Figura
di primissimo ordine sia per quanto riguarda la politica che il valore morale,
Costantino riesce a rallentare la corsa verso il disfacimento dell’Impero
Romano, ormai avviato inesorabilmente sul viale del tramonto. Ma ovviamente non
può arrestarla. Nel IV secolo dopo Cristo, ormai Roma aveva fatto il suo tempo.
Era tempo di nuove realtà e non poteva un singolo soggetto, per quanto grande
fosse, impedire alla storia di fare il proprio corso.
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