domenica 19 maggio 2013

Un armistizio indispensabile


 E’ difficile che parli di politica sulle pagine del blog, ma questa volta pare proprio necessario.
A quanti è capitato di leggere l’editoriale di Angelo Panebianco pubblicato su “corriere.it” del 19 maggio 2013 (http://www.corriere.it/editoriali/13_maggio_19/un-armistizio-indispensabile-panebianco_a87af51a-c04b-11e2-9979-2bdfd7767391.shtml)?
C’è da restare senza parole: difficilmente, anche negli ultimi travagliatissimi tempi, è capitato di trovare una così grande quantità di banalità, luoghi comuni ed analisi per lo meno “discutibili” a fronte di un problema semplice ed evidente da comprendere: da quasi un ventennio, la politica italiana è imprigionata tra gli appetiti di un imprenditore smisuratamente arrivista e la connivenza con una finta opposizione.
Ma per Panebianco non è così: la coincidenza tra le sentenze che riguardano Berlusconi e la nascita del nuovo esecutivo stanno accendendo fibrillazioni (che peraltro vede solo lui) tra PD e PDL. Se il PD dovesse implodere (“se”?), il futuro bipolarismo potrebbe vedere il centrodestra contrapporsi al Movimento 5 Stelle, il che sarebbe l’opposto della pacificazione.
Cioè: la preoccupazione di Panebianco non riguarda il fatto che il reale Capo del Governo è stato condannato in secondo grado per un reato a spese dello stesso Stato che lui rappresenta e pertanto interdetto per 5 anni dai pubblici uffici. Il problema sarebbe la contrapposizione tra quel signore che tiene in scacco con ogni mezzo il paese ed il Movimento 5 Stelle che, magari con qualche pecca, reclama legalità.
Ma oltre a ragioni contingenti, esistono ragioni più profonde.
Qui il Nostro è senza freni: “dietro il «Berlusconi sì/Berlusconi no» su cui siamo inchiodati da venti anni, possiamo scoprire i solchi che dividono alcune «tribù sociali» italiane.”
Uno sarebbe autorizzato a pensare che “le tribù” sono quelle che contrappongono i ladri di Stato agli onesti; il 10% delle famiglie che detiene il 47% della ricchezza (rapporto di Fisac Cgil relativo ai salari del 2012) contro il restante 90% che deve accontentarsi delle briciole; gli appartenenti a caste e/o corporazioni contro chi per poter emergere è costretto a scappare dal proprio paese.
Macché: le tribù contrapposte sono “lavoratori dipendenti” contro “lavoratori autonomi”.
Pertanto, il porsi il dilemma pro o contro Berlusconi, scopre il nervo alla contrapposizione tra “dipendenti” bravi ed onesti contribuenti, contro “autonomi” farabutti e tendenzialmente disonesti. A parte la banalità di tale visione (quanti sono i dipendenti che per non morire di fame devono fare un secondo lavoro “in nero” e quanti sono i piccoli imprenditori onesti?), Panebianco dimentica che il nerbo dell’economia italiana è costituito proprio dai cosiddetti “piccoli”, peraltro abbondantemente ed indistintamente massacrati da un sistema fiscale in delirio.
Ma non è finita: perché esistono anche “le divisioni regionali (Nord/Sud)” che compongono “un quadro di ostilità incrociate, radicate e, a tratti, anche feroci”.
La soluzione? E’ la politica, che deve cercare di eliminarli!
E come? Magari affidandosi a illustri pacificatori, ad esempio un Bossi, un Borghezio, un Lupi o un Brunetta? O, più in generale, ricorrendo a quegli stessi  personaggi che col loro linguaggio da trivio hanno preso a calci qualunque forma di moderazione spalancando le porte all'ostilità?
Da un quadro del genere, uno non si attenderebbe alcuna speranza.
Ma non è così!
La speranza è la provincia! Quella “molto meno disgregata di ciò che appare se si osserva solo la vita pubblica delle grandi città. Ci sono risorse, anche di coesione sociale, che la crisi non è ancora riuscita a intaccare e che una politica saggia può valorizzare e utilizzare”.
Ora, a parte il quadro francamente improbabile della “politica saggia”, qual è la Provincia cui l’autore fa riferimento?
Sta forse parlando della ex opulenta provincia italiana che vent’anni di berlusconismo hanno contribuito a devastare dal punto di vista economico e sociale? O forse di quella provincia da cui parte la fuga verso l’estero delle menti più geniali? O magari di quella provincia che porta una ragazzina minorenne, ambiziosa e scaltra direttamente da una vita dignitosa ma senza sbocchi apparenti, alle “cene eleganti” di un satrapo ultrasettantenne con un’ingordigia sessuale senza fine?
Il quale peraltro fa anche il politico ad altissimo livello: uno di quelli che, secondo l’opinione del prof. Panebianco, dovrebbe contribuire a rivitalizzare la provincia ed i suoi valori.
Una cosa giusta il professore la dice: il sistema fiscale è vessatorio. E chi dovrebbe risolvere il problema? Ma ancora la politica, che diamine!
“Occorre infine che la politica trovi il coraggio per fare le necessarie innovazioni istituzionali e mettere così in sicurezza la democrazia. Le forze che vi si oppongono sono potenti.”.
Cioè: coloro che hanno spolpato l’Italia devono improvvisamente ravvedersi e, nel nome della pacificazione (scurdammoce ‘o passato) combattere contro se stesse (le forze che si oppongono al processo democratico sono le stesse che governano il paese) per iniziare una nuova era dell’Acquario in cui vigano pace, amore, prosperità e libertà.
E ovviamente la pace nel mondo!
Ma si rende conto il professore, che auspica un intervento della principale ragione del dissesto italiano contro se stessa?
Infine, citando da fine analista un’intervista a Repubblica di Gustavo Zagrebelsky, se la prende con chi si oppone al cambiamento della Costituzione. Dimenticando un piccolo particolare:  nella citata intervista Zagrebelsky punta l’indice solo contro quella riforma della Carta in senso presidenziale fatta apposta per consolidare le attuali oligarchie e rendere i cittadini meno consapevoli  e liberi.
Ah, detto per inciso: il prof. Panebianco col suo invidiabile curriculum accademico, sicuramente sarà stato lautamente ricompensato dal “Corriere” per redigere questo editoriale.
Secondo Sergio Rizzo il suo giornale avrebbe ricevuto un contributo  pubblico sotto forma di benefici telefonici e crediti di imposta di “solo” 2.839.000€ (http://www.ilpost.it/2012/04/13/quanti-contributi-pubblici-prende-il-corriere/).
Secondo altre fonti (http://www.fanpage.it/finanziamento-pubblico-ai-giornali-le-cifre-di-unanomalia-tutta-italiana/) il contributo totale erogato al gruppo RCS Corriere della Sera Gazzetta dello Sport sarebbe ben più cospicuo: 23.500.000€.
Sarebbe simpatico che quei fondi venissero comunque tagliati!