sabato 10 marzo 2012

Perché il reato di omicidio stradale è inutile.

Ultimamente il reato di omicidio stradale sembra tornato di moda.
E’ infatti giacente in Parlamento una proposta trasversale per la sua isituzione. Secondo i relatori questa legge avrebbe un triplice scopo: normare in maniera precisa il reato di omicidio in conseguenza di atti relativi alla circolazione stradale, frenare comportamenti sciagurati da parte dei conducenti e garantire pene certe ai colpevoli.
L’attuale normativa prevede già il reato di omicidio colposo in conseguenza di atti derivanti da circolazione automobilistica (art. 589 del Codice Penale); nel nostro ordinamento vi è inoltre l’omicidio preterintenzionale (art 584), caso nel quale potrebbero benissimo rientrare i comportamenti più gravi relativi alla circolazione stradale.
L' omicidio  nel nostro ordinamento è pertanto già sufficientemente disciplinato. Inoltre, al momento, la difficoltà di arrivare a giudizio relativamente a qualsiasi reato penale, richiederebbe tutto meno che ulteriori complicazioni. E’ presumibile che in caso di imputazione relativa a fatti inerenti alla circolazione stradale, si aprirebbero autostrade per le schermaglie legali, con conseguente allungamento dei tempi per arrivare a sentenza.
Il problema dell’incidentalità stradale va cercato altrove e risolto con metodi diversi dal codice penale.
Secondo le statistiche dell’ACI, più del 90% degli incidenti stradali gravi è dovuto ad un errore di almeno uno dei conducenti.  Appare evidente che il primo modo per limitare il numero di sinistri è quello di rendere più preparati e coscienti i conducenti.
Nel corso degli ultimi dieci anni il numero delle vittime della strada è diminuito di più del 40%, gli incidenti invece sono calati di circa il 20%. Il che porta a concludere che, se si muore e ci si fa meno male in auto, ciò è dovuto molto alle migliorie tecniche dei veicoli e meno alla preparazione dei conducenti.  L’esame di guida è ancora troppo formale, la patente A si consegue in modo eccessivamente semplice, la formazione è spesso vista, anche da parte delle famiglie, come poco più di una scocciatura.
La stragrande maggioranza dei conducenti frequenta un solo corso di formazione alla guida in tutta la propria vita e questo si traduce in una generale superficialità nell’affrontare i problemi relativi alla circolazione.
In Italia inoltre si sente molto la mancanza di una cultura della sicurezza. Contrariamente ad altri paesi (Svizzera, Francia e soprattutto Inghilterra), nei quali ormai da decenni si fa molta prevenzione, da noi sembra che si preferisca una linea più  orientata sulla repressione. Puntare sull’informazione e sulla prevenzione ha contribuito a rendere  i conducenti più consapevoli e maggiormente responsabili. Inoltre in quei paesi il reato commesso alla guida è considerato in genere un’aggravante. Da noi, al contrario, generalmente si ritiene un’attenuante.
Arrivare pertanto ad una condanna definitiva (operazione già complicata da un sistema eccessivamente garantista) che comporti anche una punizione adeguata è praticamente impossibile. Con buona pace della certezza della pena.
L’introduzione di una ulteriore forma specifica di omicidio relativamente alla circolazione stradale appare  solamente una complicazione, utile magari ad assopire le coscienze e a dare uno sfogo al legittimo desiderio delle vittime di vedere puniti i responsabili, ma certamente assolutamente irrilevante ai fini degli obiettivi che il legislatore si è proposto.