domenica 19 agosto 2012

Nella terra di confine


Cosa separa il genio dalla follia, la santità dall’eresia?

Sono aspetti dell’essere molto vicini tra di loro, in cui è difficile trovare una linea di demarcazione netta. Molto spesso il confine è arbitrario, posizionato là dove indicato dalla convenienza arbitraria o da interessi momentanei.

Cosa sarebbe successo se Innocenzo III non avesse superato le iniziali titubanze verso quel tale Francesco di Assisi in odor di santità ma anche di eresia?

In realtà non si tratta di un confine vero e e proprio, ma di una “zona grigia” i cui contorni tendono a sfumarsi in una nebbia indistinta di sensazioni. E’ in questa zona di confine che il genio ed il folle, il santo e l’eretico si incontrano e si parlano, spesso intendendosi e creando.

Coloro che hanno il coraggio di esplorare la “zona grigia” sono spesso etichettati come “visionari”, ma spesso è proprio la “visione” che crea la condizione per esprimere un capolavoro.

Brunelleschi è un genio: ha formalizzato la prospettiva in pittura, ha progettato e realizzato opere monumentali con tecniche di avanguardia, ha ripreso elementi architettonici classici come l’arco a tutto sesto. Ma non è un visionario.

Al contrario di Michelangelo: oltre ad essere un genio, ha attinto a piene mani dalla “zona grigia” e ciò gli ha permesso di creare un ciclo di affreschi come quello della Cappella Sistina. Non vi è solo “genio” e “tecnica”,  nella Cappella Sistina si respira anche molto Pathos (“sofferenza” o “emozione”? o una miscela tra le due); in Brunelleschi, al contrario, prevale il Logos, per dirla come i Greci.

Michelangelo non è il solo: la tensione verso il fantastico, il sogno, i contorni sfumati spesso riesce a fare la differenza.

Gli endecasillabi di Dante si trasformano ne “La Commedia”; i tratti di pennello di Hyeronimus Bosch o di Dalì in capolavori di straordinario spessore emotivo; la vita di persone come Madre Teresa di Calcutta, che ha impregnato col sorriso un’esistenza intera ritenendo normale seguire un progetto di fronte al quale quasi chiunque non avrebbe superato la prefazione, diventa assolutamente straordinaria agli occhi del mondo.

Anche il fascino di discipline come le Arti Marziali è legato all’esplorazione della zona di confine.

Ma nelle Arti di Combattimento il riferimento è più immediato e drammatico. Il praticante, se vuole veramente entrare nello spirito della disciplina, è costretto a confrontarsi ogni volta che decide di combattere (anche per semplice allenamento) con quella “zona grigia” tra la vita e la morte in cui il gesto, o l’assenza del gesto, possono significare varcare una delle due frontiere. Ed una volta oltrepassato il confine, non c’è ritorno!

Senza questa tensione, non si può parlare di “Do”, ma di un allenamento ridotto ad essere una serie stereotipata di movimenti senz’anima.

Molti passaggi storici ed artistici sono stati operati proprio da uomini che hanno avuto il coraggio di percorrere le “zone grigie” a cavallo tra due estremi contrapposti, magari rischiando di rimanere intrappolati per sempre in un limbo (e chissà quanti sconosciuti ci sono caduti) e che avevano magari grande ambizione ma soprattutto una straordinaria sete di conoscenza.