giovedì 1 agosto 2013

Il fenomeno dei privatisti

È un dato di fatto: per conseguire la patente di guida, sempre più candidati scelgono il metodo “fai da te” piuttosto che appoggiarsi agli operatori professionali.
Viaggiando su Internet capita spesso di imbattersi in siti che propongono la “via del privatista”; i vantaggi apparenti sono evidenti dal punto di vista economico. Paradossalmente (ma forse non più di tanto) in nessuno di questi siti ci si sofferma sul fattore sicurezza stradale, che dovrebbe essere alla base dell’attività di formazione dei nuovi conducenti. Anzi, i commenti sono spesso del tenore: “Costringere a fare le guide presso una scuola guida è una PORCATA! UN'ESTORSIONE!!! Io tutte le patenti che ho conseguito A B e C tutte da autodidatta tutte da privatista senza pagare alcuna TANGENTE!!!” (http://www.nuvolari.tv/scuola-guida/patente-da-privatista).
Ma perché si è giunti a questo punto?
Perché in Italia, unico paese dell’Europa cosiddetta evoluta, in tema di educazione stradale affidarsi ai professionisti è considerato superfluo?
Limitarsi ad inveire contro i privatisti e contro coloro che li aiutano oppure scaricare la responsabilità sul “caso”, sulla “sfiga”, sulla “crisi” (la quale, a onor del vero, riducendo drasticamente le possibilità economiche delle famiglie qualche responsabilità la ha) o su qualsiasi altro fattore esterno, così come rimanere in trepida attesa di un aiuto taumaturgico dall’alto senza fare né un minimo di autocritica né un’analisi della situazione, è segno di profonda sofferenza e superficialità.
I privatisti esistono ed esisteranno sempre; sono inoltre una fetta di mercato assolutamente incompatibile con l’attività di autoscuola. Nel senso che al privatista, convinto come è delle proprie capacità, non interessa la formazione offerta dalla scuola guida, per cui ben difficilmente ne diventerà cliente. A meno che …
Mezzo secolo di gestione sciagurata della sicurezza stradale da parte della politica, degli operatori del settore e delle loro associazione di categoria, ha creato le migliori condizioni affinché il pubblico guardasse con sempre maggior sospetto alla nostra attività.
Vista da fuori: come dar loro torto?
Un serio approccio al problema non può prescindere da una profonda riforma dell’apparato burocratico con cui viene gestito il conseguimento delle patenti. Procedure lente e macchinose, esasperazione dei controlli, eccessiva quantità di carta, non rendono molto differente rispetto a trent’anni fa l’iter istituzionale. È vero che sono state introdotte migliorie e più di qualche procedura è stata informatizzata, ma il livello tecnologico appare largamente inferiore a quello che richiederebbe un mondo che ormai funziona quasi tutto via internet. Per non parlare poi delle verifiche che sottendono ai corsi paralleli a quelli relativi al conseguimento della patente (corso recupero punti, corsi CQC ecc.). Qui la resa delle istituzioni è totale: tutto viene scaricato sul soggetto erogatore. Questi deve sottoporre ogni movimento all’approvazione dell’organo istituzionale ed ogni modifica deve essere comunicata… in attesa di un controllo che molto spesso non può arrivare per mancanza di mezzi e personale. Questo percorso stressante è evidentemente il risultato dei numerosi e ripetuti abusi che hanno segnato l’attività di più di un operatore del settore. Si può dire che non passi settimana senza che qualche non salti fuori una notizia relativa a compravendita di patenti, falsi corsi per recupero punti o per il rinnovo della CQC o altre amenità del genere. La realtà è che i livelli di corruzione e di malaffare sono ormai talmente diffusi e capillari da rendere i controlli perfettamente inutili. Se non ci sono educazione e senso civico (e da noi sono abbondantemente latitanti), se la prevenzione nei confronti dell’abuso è lasciata al buon cuore dei singoli soggetti, non si può pretendere che sia il sistema repressivo a sistemare le cose, neanche col ricorso allo Stato di Polizia!
Altra nota dolente: gli esami per il conseguimento.
Prima del 19 gennaio 2013, acquisire la patente B era legato ad un esame decisamente troppo semplice e non in linea coi tempi. La struttura della prova era simile a quella in essere negli anni ’80, malgrado in trent’anni siano profondamente cambiati sia i veicoli, sia il loro numero sia l’approccio dei conducenti con la circolazione. La maggior o minore severità di giudizio era sostanzialmente lasciata nelle mani del funzionario delegato. Il quale si trovava peraltro a dover esaminare 8 candidati in un tempo definito e breve.
Risultato: durata della prova spesso insufficiente per poter formulare un verdetto  significativo.
Le autoscuole in questa situazione hanno abbondantemente sguazzato. È francamente mortificante sentirsi fare i complimenti perché “lei non cerca mai di imbrogliare toccando i pedali”. Lo è perché è indice di una diffusa mentalità da parte di “colleghi” volta ad una preparazione superficiale ed approssimativa senza nessun riguardo per le conseguenze che ciò può avere. Ed è ancor più mortificante in quanto indice concreto della diffusione dell’abuso.
È evidente come per un’autoscuola “produrre” patentati in serie scarsamente preparati e, magari, licenziati con l’aiutino sottobanco (la toccatina ai pedali, piuttosto che il segno convenzionale) sia molto meno faticoso e più remunerativo che sudare le classiche sette camicie per formare un allievo!
Fortunatamente la nuova normativa ha introdotto l’obbligo di formazione iniziale e periodica per gli operatori del settore, competenze minime e formazione continua per gli esaminatori (allegato IV D.L. 59/2011). Tutto ciò potrà però dare frutti concreti solo col tempo.
Sull’operato delle Organizzazioni di Categoria più di qualche perplessità è legittima. La loro azione appare soprattutto volta all’autopreservazione ed alla tutela di una realtà palesemente sorpassata.
La norma volta ad obbligare tutti ad attrezzarsi per il conseguimento di patenti di qualsiasi categoria ha definitivamente fatto “tabula rasa” della passione artigiana che è alla base dell’attività di educazione stradale. E’ difficile che a livello didattico pratico ci sia una differente impostazione tra il conseguimento della patente A, quello della B e delle cosiddette “superiori”. Eppure una moto ha un comportamento dinamico diverso rispetto ad un camion, frena in modo niente affatto simile ecc.
L’introduzione delle sei ore di guida obbligatorie, lungi dall’essere una vittoria, nel sentire comune spesso si trasforma nella “tangente” in più da pagare all’autoscuola. Viene inoltre da chiedersi: chi mai è riuscito ad imparare a guidare in solo sei ore?
Lo stesso concetto di “Guida Accompagnata” è stato stravolto rispetto ai francesi. Là è il professionista che aiuta la famiglia attraverso formazione continua (le ore obbligatorie sono venti) e feedback periodici; qui da noi il compito della docenza è relegato alla famiglia che “si aiuta un po’ ” con l’autoscuola!
A onor del vero, le organizzazioni di categoria si sono anche rese promotrici di iniziative di indubbio valore, quali ad esempio la diffusione dell’educazione stradale nelle scuole superiori o la promozione stessa della guida accompagnata. A tal proposito è utile leggere la relazione svolta a suo tempo di fronte ai rappresentanti della camera dei deputati dall’allora Presidente della CONFEDERTAAI Giorgio Schiavo (http://leg16.camera.it/470?stenog=/_dati/leg16/lavori/stencomm/09/indag/circolazione/2009/0226&pagina=s010) per avere la certezza che la categoria non è composta solo da personaggi “coloriti” ma anche da professionisti validi e con delle ottime idee. Peccato che in fase di attuazione, si siano ritrovati ben pochi dei concetti espressi da Schiavo e che il processo di formazione di “Guida Accompagnata” sia diventato quello che è!

In conclusione: se vi è una diffusa mentalità che porta un ragazzo che ha bisogno di curarsi dal medico e lo stesso che deve imparare a guidare da papà, ciò è il frutto di un processo lungo ed elaborato. Troppa indifferenza verso il problema della circolazione stradale, troppa superficialità nel rilascio della patente e troppa approssimazione nella preparazione dei neoconducenti, hanno portato il pubblico a guardare con estrema diffidenza verso il mondo delle autoscuole. Le quali, dal canto loro, non è che si siano sforzate più di tanto per migliorare le propria immagine!