È
un dato di fatto: per conseguire la patente di guida, sempre più candidati
scelgono il metodo “fai da te” piuttosto che appoggiarsi agli operatori
professionali.
Viaggiando
su Internet capita spesso di imbattersi in siti che propongono la “via del
privatista”; i vantaggi apparenti sono evidenti dal punto di vista economico.
Paradossalmente (ma forse non più di tanto) in nessuno di questi siti ci si
sofferma sul fattore sicurezza stradale, che dovrebbe essere alla base dell’attività
di formazione dei nuovi conducenti. Anzi, i commenti sono spesso del tenore: “Costringere a fare le guide presso una
scuola guida è una PORCATA! UN'ESTORSIONE!!! Io tutte le patenti che ho
conseguito A B e C tutte da autodidatta tutte da privatista senza pagare alcuna
TANGENTE!!!” (http://www.nuvolari.tv/scuola-guida/patente-da-privatista).
Ma
perché si è giunti a questo punto?
Perché
in Italia, unico paese dell’Europa cosiddetta evoluta, in tema di educazione
stradale affidarsi ai professionisti è considerato superfluo?
Limitarsi
ad inveire contro i privatisti e contro coloro che li aiutano oppure scaricare
la responsabilità sul “caso”, sulla “sfiga”, sulla “crisi” (la quale, a onor
del vero, riducendo drasticamente le possibilità economiche delle famiglie
qualche responsabilità la ha) o su qualsiasi altro fattore esterno, così come
rimanere in trepida attesa di un aiuto taumaturgico dall’alto senza fare né un
minimo di autocritica né un’analisi della situazione, è segno di profonda
sofferenza e superficialità.
I
privatisti esistono ed esisteranno sempre; sono inoltre una fetta di mercato
assolutamente incompatibile con l’attività di autoscuola. Nel senso che al
privatista, convinto come è delle proprie capacità, non interessa la formazione
offerta dalla scuola guida, per cui ben difficilmente ne diventerà cliente. A
meno che …
Mezzo
secolo di gestione sciagurata della sicurezza stradale da parte della politica,
degli operatori del settore e delle loro associazione di categoria, ha creato
le migliori condizioni affinché il pubblico guardasse con sempre maggior
sospetto alla nostra attività.
Vista
da fuori: come dar loro torto?
Un
serio approccio al problema non può prescindere da una profonda riforma
dell’apparato burocratico con cui viene gestito il conseguimento delle patenti.
Procedure lente e macchinose, esasperazione dei controlli, eccessiva quantità
di carta, non rendono molto differente rispetto a trent’anni fa l’iter
istituzionale. È vero che sono state introdotte migliorie e più di qualche
procedura è stata informatizzata, ma il livello tecnologico appare largamente
inferiore a quello che richiederebbe un mondo che ormai funziona quasi tutto
via internet. Per non parlare poi delle verifiche che sottendono ai corsi
paralleli a quelli relativi al conseguimento della patente (corso recupero
punti, corsi CQC ecc.). Qui la resa delle istituzioni è totale: tutto viene
scaricato sul soggetto erogatore. Questi deve sottoporre ogni movimento
all’approvazione dell’organo istituzionale ed ogni modifica deve essere
comunicata… in attesa di un controllo che molto spesso non può arrivare per
mancanza di mezzi e personale. Questo percorso stressante è evidentemente il
risultato dei numerosi e ripetuti abusi che hanno segnato l’attività di più di
un operatore del settore. Si può dire che non passi settimana senza che qualche
non salti fuori una notizia relativa a compravendita di patenti, falsi corsi
per recupero punti o per il rinnovo della CQC o altre amenità del genere. La
realtà è che i livelli di corruzione e di malaffare sono ormai talmente diffusi
e capillari da rendere i controlli perfettamente inutili. Se non ci sono
educazione e senso civico (e da noi sono abbondantemente latitanti), se la
prevenzione nei confronti dell’abuso è lasciata al buon cuore dei singoli
soggetti, non si può pretendere che sia il sistema repressivo a sistemare le
cose, neanche col ricorso allo Stato di Polizia!
Altra
nota dolente: gli esami per il conseguimento.
Prima
del 19 gennaio 2013, acquisire la patente B era legato ad un esame decisamente
troppo semplice e non in linea coi tempi. La struttura della prova era simile a
quella in essere negli anni ’80, malgrado in trent’anni siano profondamente
cambiati sia i veicoli, sia il loro numero sia l’approccio dei conducenti con
la circolazione. La maggior o minore severità di giudizio era sostanzialmente
lasciata nelle mani del funzionario delegato. Il quale si trovava peraltro a
dover esaminare 8 candidati in un tempo definito e breve.
Risultato:
durata della prova spesso insufficiente per poter formulare un verdetto significativo.
Le
autoscuole in questa situazione hanno abbondantemente sguazzato. È francamente
mortificante sentirsi fare i complimenti perché “lei non cerca mai di
imbrogliare toccando i pedali”. Lo è perché è indice di una diffusa mentalità
da parte di “colleghi” volta ad una preparazione superficiale ed approssimativa
senza nessun riguardo per le conseguenze che ciò può avere. Ed è ancor più
mortificante in quanto indice concreto della diffusione dell’abuso.
È
evidente come per un’autoscuola “produrre” patentati in serie scarsamente
preparati e, magari, licenziati con l’aiutino sottobanco (la toccatina ai
pedali, piuttosto che il segno convenzionale) sia molto meno faticoso e più
remunerativo che sudare le classiche sette camicie per formare un allievo!
Fortunatamente
la nuova normativa ha introdotto l’obbligo di formazione iniziale e periodica
per gli operatori del settore, competenze minime e formazione continua per gli
esaminatori (allegato IV D.L. 59/2011). Tutto ciò potrà però dare frutti concreti
solo col tempo.
Sull’operato
delle Organizzazioni di Categoria più di qualche perplessità è legittima. La loro
azione appare soprattutto volta all’autopreservazione ed alla tutela di una
realtà palesemente sorpassata.
La
norma volta ad obbligare tutti ad attrezzarsi per il conseguimento di patenti
di qualsiasi categoria ha definitivamente fatto “tabula rasa” della passione
artigiana che è alla base dell’attività di educazione stradale. E’ difficile
che a livello didattico pratico ci sia una differente impostazione tra il
conseguimento della patente A, quello della B e delle cosiddette “superiori”.
Eppure una moto ha un comportamento dinamico diverso rispetto ad un camion,
frena in modo niente affatto simile ecc.
L’introduzione
delle sei ore di guida obbligatorie, lungi dall’essere una vittoria, nel
sentire comune spesso si trasforma nella “tangente” in più da pagare
all’autoscuola. Viene inoltre da chiedersi: chi mai è riuscito ad imparare a
guidare in solo sei ore?
Lo
stesso concetto di “Guida Accompagnata” è stato stravolto rispetto ai francesi.
Là è il professionista che aiuta la famiglia attraverso formazione continua (le
ore obbligatorie sono venti) e feedback periodici; qui da noi il compito della
docenza è relegato alla famiglia che “si aiuta un po’ ” con l’autoscuola!
A
onor del vero, le organizzazioni di categoria si sono anche rese promotrici di
iniziative di indubbio valore, quali ad esempio la diffusione dell’educazione
stradale nelle scuole superiori o la promozione stessa della guida
accompagnata. A tal proposito è utile leggere la relazione svolta a suo tempo di
fronte ai rappresentanti della camera dei deputati dall’allora Presidente della
CONFEDERTAAI Giorgio Schiavo (http://leg16.camera.it/470?stenog=/_dati/leg16/lavori/stencomm/09/indag/circolazione/2009/0226&pagina=s010) per avere la
certezza che la categoria non è composta solo da personaggi “coloriti” ma anche
da professionisti validi e con delle ottime idee. Peccato che in fase di
attuazione, si siano ritrovati ben pochi dei concetti espressi da Schiavo e che
il processo di formazione di “Guida Accompagnata” sia diventato quello che è!
In
conclusione: se vi è una diffusa mentalità che porta un ragazzo che ha bisogno
di curarsi dal medico e lo stesso che deve imparare a guidare da papà, ciò è il
frutto di un processo lungo ed elaborato. Troppa indifferenza verso il problema
della circolazione stradale, troppa superficialità nel rilascio della patente e
troppa approssimazione nella preparazione dei neoconducenti, hanno portato il
pubblico a guardare con estrema diffidenza verso il mondo delle autoscuole. Le
quali, dal canto loro, non è che si siano sforzate più di tanto per migliorare
le propria immagine!