Come sottolineato dal professor. Guadagno, col quale non
sempre sono stato d’accordo, ma qui aveva ragione, l’etimo “Caserta” non ha per nulla origine nel composto di
“casa” (casale, gruppo di case o
villaggio) ed “irta”, e cioè “erta sul colle”, secondo le etimologie
classicheggianti dei secoli XVII e XVIII, ma invece deriva da “casa” (casale,
gruppo chiuso di case che gestiscono uno spazio) e “hirt”, ovvero hert, inglese moderno “herd”, che vuol
dire “gregge”. Gli etimi longobardi son fondamentali per una ragione
sostanziale: quando i Longobardi si stanziarono non avevano la stessa religione
dei latini oltre alla diversa etnia e lingua; in pratica, si stanziavano ma si
tenevano lontani dai latini, dai conquistati, e davano i loro nomi ai posti che
occupavano. Per questo, sebbene la lingua italiana presenti radici germaniche
sia d’origine gota che longobarda, i Goti han lasciato molto meno tracce
rispetto ai Longobardi, per questa ragione.
Questo cambiò quando i Longobardi si convertirono al Cattolicesimo
dal precedente arianesimo (seguivano Ario condannato da Costantino a Nicea nel
325 d.C.) e, soprattutto, dalla religione etnica che avevano. In tal modo
l’ostacolo principale si tolse di mezzo e gradualmente i Longobardi furono
assimilati dalla popolazione italiana (non è che fossero numerosissimi, tra
l’altro). Ma i nomi che diedero ai luoghi rimasero. Per fare un esempio, Sala (provincia
di Caserta) è nome longobardo (in Svezia c’è Upp-Sala, sopra (up)
Sala, e ci sta pure Sala, più a sud di Uppsala). Da noi rimangono Briano, che
ha tutt’altro etimo, e Tredici, che fa riferimento alla centuriatio. Come si vede, il territorio italiano è una
stratificazione di molti e complessi successivi insediamenti che, per l’appunto,
lasciano una traccia nella toponomastica.
Dunque “Caserta”, che non
si trova affatto solo in Campania, ma ve ne sono molte in Italia, è una casale
o una località che gestisce un luogo (casale, “frazione” come dicesi oggi) dove
si mettevano gli armenti, il gregge. Questo è il senso del nome del luogo
(“toponomastica”). E difatti, oltre a Caserta capoluogo di Provincia in
Campania, ci sono varie altre Caserta con varianti di nome, come “caserte” o
“casirte”. Ora, solo e soltanto qui, in Campania, la Caserta – che altrove
rimane solo una “frazione”, un “casale” – diventa città, “urbs” (grosse
difficoltà continua ad avere Caserta a passare da urbs a pienamente “civitas”, che non è una mera conurbazione urbana
che vada oltre il livello del “villaggio”, ma implica invece una precisa
identità da parte dei suoi abitanti ed un senso di “amicizia” fra di loro,
ambedue molto carenti a Caserta, come si sa).
Perché, dunque, Caserta diventa “urbs”? Erchemperto (di
Conca Campania) parla di un capo longobardo che lasciò Capua, da dove
proveniva, per rifugiarsi in questa località detta “Casirte”, Caserta, Casa “irta”
(ma in epoca longobarda già si stava perdendo la ragione della vera origine
dell’etimo toponomastico - cum quadraginta primoribus, con
quaranta “notabili”.
Di qui l’inserimento di una componente esterna che fece
“lievitare” un casale verso la decisiva formazione di una “urbs”.
Andrea Ianniello