domenica 6 settembre 2015

Ancora sull'etimologia del nome "Caserta"

Come sottolineato dal professor. Guadagno, col quale non sempre sono stato d’accordo, ma qui aveva ragione, l’etimo “Caserta” non ha per nulla origine nel composto di “casa” (casale, gruppo di  case o villaggio) ed “irta”, e cioè “erta sul colle”, secondo le etimologie classicheggianti dei secoli XVII e XVIII, ma invece deriva da “casa” (casale, gruppo chiuso di case che gestiscono uno spazio) e “hirt”, ovvero hert, inglese moderno “herd”, che vuol dire “gregge”. Gli etimi longobardi son fondamentali per una ragione sostanziale: quando i Longobardi si stanziarono non avevano la stessa religione dei latini oltre alla diversa etnia e lingua; in pratica, si stanziavano ma si tenevano lontani dai latini, dai conquistati, e davano i loro nomi ai posti che occupavano. Per questo, sebbene la lingua italiana presenti radici germaniche sia d’origine gota che longobarda, i Goti han lasciato molto meno tracce rispetto ai Longobardi, per questa ragione.
Questo cambiò quando i Longobardi si convertirono al Cattolicesimo dal precedente arianesimo (seguivano Ario condannato da Costantino a Nicea nel 325 d.C.) e, soprattutto, dalla religione etnica che avevano. In tal modo l’ostacolo principale si tolse di mezzo e gradualmente i Longobardi furono assimilati dalla popolazione italiana (non è che fossero numerosissimi, tra l’altro). Ma i nomi che diedero ai luoghi rimasero. Per fare un esempio, Sala (provincia di Caserta) è nome longobardo (in Svezia c’è Upp-Sala, sopra (up) Sala, e ci sta pure Sala, più a sud di Uppsala). Da noi rimangono Briano, che ha tutt’altro etimo, e Tredici, che fa riferimento alla centuriatio. Come si vede, il territorio italiano è una stratificazione di molti e complessi successivi insediamenti che, per l’appunto, lasciano una traccia nella toponomastica.
Dunque “Caserta”, che non si trova affatto solo in Campania, ma ve ne sono molte in Italia, è una casale o una località che gestisce un luogo (casale, “frazione” come dicesi oggi) dove si mettevano gli armenti, il gregge. Questo è il senso del nome del luogo (“toponomastica”). E difatti, oltre a Caserta capoluogo di Provincia in Campania, ci sono varie altre Caserta con varianti di nome, come “caserte” o “casirte”. Ora, solo e soltanto qui, in Campania, la Caserta – che altrove rimane solo una “frazione”, un “casale” – diventa città, “urbs” (grosse difficoltà continua ad avere Caserta a passare da urbs a pienamente “civitas”, che non è una mera conurbazione urbana che vada oltre il livello del “villaggio”, ma implica invece una precisa identità da parte dei suoi abitanti ed un senso di “amicizia” fra di loro, ambedue molto carenti a Caserta, come si sa).
Perché, dunque, Caserta diventa “urbs”? Erchemperto (di Conca Campania) parla di un capo longobardo che lasciò Capua, da dove proveniva, per rifugiarsi in questa località detta “Casirte”, Caserta, Casa “irta” (ma in epoca longobarda già si stava perdendo la ragione della vera origine dell’etimo toponomastico - cum quadraginta primoribus, con quaranta “notabili”.
Di qui l’inserimento di una componente esterna che fece “lievitare” un casale verso la decisiva formazione di una “urbs”.
Andrea Ianniello


mercoledì 29 luglio 2015

Le 20 cosa da fare prima di morire

C’è un certo tipo di intellettuale che preoccupa.
È quello che vive di pura sapienza e che è totalmente distante dal mondo reale.
Sono in genere poco propensi ad uscire dalle proprie aule, così come hanno scarsa attinenza al confronto al di fuori dell’ambito puramente accademico. E, per quanto abbiano (ma non è detto!) competenze e conoscenze notevoli, sono totalmente impreparati (o quasi) in fatto di comunicazione.
 Qui da noi questo tipo di intellettuale si riconosce a prima vista. Ha idee sinistroidi, si identifica nelle idee di “Repubblica” e “L’Espresso”, è abituato a pensare di essere, unico esempio vivente nell’orbe terracqueo, direttamente sceso dal Monte Sinai con le Tavole della Legge. Pertanto il suo stile di vita è quello a cui dovrebbe ambire tutta l’umanità.
Ogni tanto, su qualche periodico o in qualche sito specializzato, qualcuno di questi intellettuali ritiene opportuno pubblicare una lista infinita di “cose assolutamente da fare prima dei 50 anni” o qualcosa del genere.
Intendiamoci: se qualcuno può saltare allegramente dall’Himalaya a Machu Picchu passando per la Galapagos (http://www.huffingtonpost.it/2015/07/27/25-cose-fare-vedere-prima-di-morire-telegraph_n_7878100.html?ref=fbpr), buon per lui. Ma coloro che si alzano alle 6 di mattina per andare a lavorare (magari con un contratto precario), che tornano a cosa dopo dieci ore di fatica e si trovano affitto o mutuo, la scuola dei figli, le bollette ecc. probabilmente si possono solamente incazzare pensando che al mondo esistano persone che guardano all’esistenza come una perenne vacanza.
E allora perché non produrre un decalogo (o meglio un “ventalogo” visto che è in venti punti) anche per i poveracci?
Ecco quindi, a portata di ogni tasca, le 20 cose da fare (e da vedere) prima di morire:
1)      Un  viaggio in metropolitana a fine luglio senza aria condizionata. Annusare gli afrori dei passeggeri è un’emozione senza eguali. Sfuggente ed eterea, la fetamma  vi lascerà letteralmente senza fiato!
2)      Osservare nello specchietto il conducente dell’auto che segue mentre si scaccola. Apprezzare le evoluzioni del dito allorquando si dipana  nella narice ed osservare lo sguardo estasiato di Trapanator che, al termine di una massacrante trivellazione, osserva i contorni della caccola è un’esperienza unica!
3)      Rosicchiarsi le unghie dei piedi. Evoluzioni da contorsionista degne dei più grandi artisti del circo, stanno alla base di questa difficile disciplina. Una scarica di adrenalina. Non per tutti.
4)      Imitare la partenza di una moto a rutti. Anni di preparazione, litri e litri di birra ed una concentrazione oltre ogni limite fanno sì che in questo gesto tecnico realtà e fantasia sembrino mescolarsi.
5)      Scoreggiare a comando. Superare il limite dal trash per piombare là dove neanche la natura osa. Aerare la stanza dopo le prove.
6)      Sciropparsi le puntate di Heidi tutte d’un fiato. Estatico. Se non dai fuori di matto, sei ad un passo dall’Illuminazione. O dall’arruolamento nelle SS.
7)      Frequentare la curva dei tifosi della Juve con un bandierone dell’Inter. Mai la natura potrebbe essere più selvaggia!
8)      Infilare gli stuzzicadenti nei citofoni. Apprezzare lo sguardo delle vecchiette tirate giù dal letto mentre ti smoccolano dietro vuol dire perdersi nell’immensità del creato!
9)      Farsi due settimane di fila a Cesenatico a metà agosto. Paesaggi da ecstasy e riposo (qualche volta eterno)!
10)  Ordinare una birra è gettarla in faccia a Mike Tyson dopo avergli urlato “sporco negro”. Un’avventura in confronto alla quale “il giro del mondo in 80 giorni” è come recarsi al bar a comprare le sigarette!
11)  Andare in una libreria con un paio di forbici e tagliuzzare le pagine di un libro a caso davanti al commesso. Così, tanto per vedere che effetto cha fa!
12)  Cercare di vendere enciclopedie in qualche quartiere malfamato di Rozzano popolato solo da semianalfabeti. Perché lì un libro è come una schioppettata: non si nega a nessuno!
13)  Presentarsi in banca a chiedere un mutuo con un gonnellino di foglie di banano. Perché le banche, quando devi chiedere un prestito, sono abituate a sparare qualunque tipo di cazzata pur di concedertelo solo al limite dell’usura. Da brivido mostrare il lato giullare!
14)  Rientrare al lavoro (per chi lo ha ancora) dopo le vacanze estive in giacca, cravatta, costume da bagno, pinne e paperella. Tanto il lavoro fa schifo, al capo interessa solo trombare la segretaria, lo stipendio non lo vedo da mesi. Da paura!
15)  Andare in un campo di addestramento dell’ISIS, beccare il primo terrorista ed apostrofarlo così: “Fratello mi daresti un’affilatina al coltello per l’arrosto?”. Così; per far capire loro che per conquistare Milano il problema è uscire dalla tangenziale nell’ora di punta!
16)  Urlare il sabato pomeriggio in Corso Buenos Aires “occhio ci sono gli ausiliari del traffico”. Un ingorgo di proporzioni bibliche!
17)  Fare il puttan-tour al solo scopo di raccogliere informazioni statistiche su servizi e prezzi. Perché l’informazione sta alla base di qualunque scelta consapevole!
18)  Guardare dal buco della serratura lo sgabuzzino delle scope con aria libidinosa. Si apprezza meglio quante persone non sono abituate a farsi i cazzi loro!
19)  Andare dal dentista dopo aver mangiato pesante. E vaffanculo, mi chiedi anche le mutande e mo’ ti sopporti la fiatella!

20)  Evitare di leggere articoli sulla 10 – 15 – 20 o 25 cose da fare prima di morire. Tanto ci si rode solo il fegato!