domenica 8 settembre 2013

Settanta anni fa l’Italia annunciava l’armistizio.

Furono ore convulse quelle dell’otto settembre di settant’anni fa!
Dwight Eisenhower era furioso: il 3 settembre nella località di Cassibile, in Sicilia, aveva incontrato il generale Giuseppe Castellano, plenipotenziario di Badoglio, per accordare al nostro paese l’armistizio.
Il ruolo di Castellano in quei giorni fu piuttosto controverso, così come lo fu quello del governo presieduto da Pietro Badoglio. Castellano si recò più volte in Sicilia, ma per qualificarlo come plenipotenziario, e quindi per far sì che egli potesse firmare l’armistizio, gli alleati furono costretti a compiere quasi un colpo di mano. La notizia avrebbe dovuto essere diffusa cinque giorni dopo, secondo gli americani, il giorno 12 in base ad un’interpretazione per certi versi del tutto congetturale dei nostri. In questi giorni in cui i tedeschi erano all’oscuro di tutto, gli italiani avrebbero dovuto organizzare il presidio e la difesa degli aeroporti di Roma in vista di un colpo di mano delle forze alleate volto a garantire il controllo dell’Urbe. L’operazione, nota col nome in codice Giant 2, non ebbe però mai luogo.
“Ike” attendeva con impazienza l’annuncio di Badoglio; puntava sul fattore sorpresa per limitare al massimo le perdite dovute alla prevedibile reazione dell’esercito tedesco.
Gli italiani temporeggiavano: illusi dal fatto che la firma dell’armistizio del giorno 3 desse loro ancora qualche margine di operatività, puntavano a ritardare l’annuncio al giorno 12.
In realtà quello che Castellano aveva firmato a Cassibile, il cosiddetto “armistizio corto”, era a tutti gli effetti una resa senza condizioni. Eisenhower lo sapeva e pretendeva che gli italiani rispettassero i patti sottomettendosi alla sconfitta. Nel pomeriggio fece redigere un furioso ultimatum in cui, in sostanza, ordinò al nostro Governo di dare l’annuncio senza ulteriori indugi minacciando ripercussioni.
Gli alleati, dopo una giornata convulsa nella quale avevano cercato in tutti i modi di trovare un interlocutore con poteri effettivi, annunciarono l’armistizio alle 18 e 30 dagli studi di Radio Algeri. Poco più di un’ora dopo, alle 19 e 42 per la precisione, anche Pietro Badoglio dagli studi dell’EIAR, lesse il famoso discorso col quale dichiarava la fine delle ostilità con gli anglo – americani.
La giornata dell’otto settembre del ’43 ebbe connotazioni che andarono dal tragico al surreale. Mentre gli alleati erano in fibrillazione vagando dalle prime ore del mattino tra i palazzi del potere romani, verso mezzogiorno il Re Vittorio Emanuele III incontrava l’inviato di Hitler, Rudolf Rahn, rassicurandolo che il nostro paese mai si sarebbe arreso. In realtà il sovrano sapeva benissimo che di lì a poche ore si sarebbe consumato il voltafaccia.
Alle 19 e 30, poco prima che Badoglio arrivasse agli studi EIAR, lo stesso Rahn, a Palazzo Chigi, allora sede del Ministero degli Esteri, riuscì ad esclamare “ma questo è tradimento” quando Raffaele Guariglia lo informò dell’armistizio.
Si concludeva così la guerra contro gli Anglo-Americani.
Affermare che il nostro Governo abbia dimostrato in questa occasione superficialità ed impreparazione è essere sostanzialmente teneri. Il Re, Badoglio ed il suo staff erano stretti tra l’illusione di poter ancora contare qualcosa a livello politico e la paura delle reazione dei tedeschi. Il potere era in realtà allo sbando: in quei convulsi giorni gli uomini dovevano sostanzialmente improvvisare a causa della mancanza di direttive e di collegamenti efficaci. In realtà il Re e Badoglio scelsero il modo peggiore per dimostrare agli italiani ed al mondo di che pasta fossero fatti. Bisogna anche ricordare che molti di quegli uomini, troppo compromessi col fascismo, cercavano attraverso la furbizia ed il doppiogiochismo di ricostruirsi una sorta di verginità nei confronti degli alleati. Questi in realtà erano molto più interessati alle infrastrutture italiane ancora in essere e che potevano essere utilizzate a fini bellici piuttosto che ad avere rapporti con gli italiani. Non smisero mai di considerarci un popolo sconfitto: il 29 settembre sulla corazzata Nelson, al largo dell'isola di Malta, Badoglio ed Eisenhower siglarono il cosiddetto “armistizio lungo”. Di fatto si trattava della ratifica della resa senza condizioni dell’Italia.  A tal proposito giova ricordare che il documento, “condizioni aggiuntive di armistizio con l’Italia” nella nostra lingua, in inglese si intitola “Instrument of surrender of Italy”. L’Italia si arrendeva consegnandosi alle Nazioni Unite e sarebbe stato considerato da lì in avanti come paese sconfitto.

Il pressappochismo, la superficialità, la presunzione e l’inconsistenza della classe politica di allora, aprirono le porte non già alla conclusione delle ostilità, ma alla stagione della guerra civile e delle vessazioni da parte dei tedeschi nei confronti del nostro paese. Nomi quali Cefalonia, Marzabotto, Sant’Anna di Stazzema hanno ancora oggi una valenza sinistra.

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