Furono
ore convulse quelle dell’otto settembre di settant’anni fa!
Dwight
Eisenhower era furioso: il 3 settembre nella località di Cassibile, in Sicilia,
aveva incontrato il generale Giuseppe Castellano, plenipotenziario di Badoglio,
per accordare al nostro paese l’armistizio.
Il
ruolo di Castellano in quei giorni fu piuttosto controverso, così come lo fu
quello del governo presieduto da Pietro Badoglio. Castellano si recò più volte
in Sicilia, ma per qualificarlo come plenipotenziario, e quindi per far sì che
egli potesse firmare l’armistizio, gli alleati furono costretti a compiere quasi
un colpo di mano. La notizia avrebbe dovuto essere diffusa cinque giorni dopo,
secondo gli americani, il giorno 12 in base ad un’interpretazione per certi
versi del tutto congetturale dei nostri. In questi giorni in cui i tedeschi
erano all’oscuro di tutto, gli italiani avrebbero dovuto organizzare il presidio
e la difesa degli aeroporti di Roma in vista di un colpo di mano delle forze
alleate volto a garantire il controllo dell’Urbe. L’operazione, nota col nome
in codice Giant 2, non ebbe però mai luogo.
“Ike”
attendeva con impazienza l’annuncio di Badoglio; puntava sul fattore sorpresa
per limitare al massimo le perdite dovute alla prevedibile reazione dell’esercito
tedesco.
Gli
italiani temporeggiavano: illusi dal fatto che la firma dell’armistizio del
giorno 3 desse loro ancora qualche margine di operatività, puntavano a
ritardare l’annuncio al giorno 12.
In
realtà quello che Castellano aveva firmato a Cassibile, il cosiddetto “armistizio
corto”, era a tutti gli effetti una resa senza condizioni. Eisenhower lo sapeva
e pretendeva che gli italiani rispettassero i patti sottomettendosi alla
sconfitta. Nel pomeriggio fece redigere un furioso ultimatum in cui, in
sostanza, ordinò al nostro Governo di dare l’annuncio senza ulteriori indugi minacciando
ripercussioni.
Gli
alleati, dopo una giornata convulsa nella quale avevano cercato in tutti i modi
di trovare un interlocutore con poteri effettivi, annunciarono l’armistizio
alle 18 e 30 dagli studi di Radio Algeri. Poco più di un’ora dopo, alle 19 e 42
per la precisione, anche Pietro Badoglio dagli studi dell’EIAR, lesse il famoso
discorso col quale dichiarava la fine delle ostilità con gli anglo – americani.
La
giornata dell’otto settembre del ’43 ebbe connotazioni che andarono dal tragico
al surreale. Mentre gli alleati erano in fibrillazione vagando dalle prime ore
del mattino tra i palazzi del potere romani, verso mezzogiorno il Re Vittorio
Emanuele III incontrava l’inviato di Hitler, Rudolf Rahn, rassicurandolo che il
nostro paese mai si sarebbe arreso. In realtà il sovrano sapeva
benissimo che di lì a poche ore si sarebbe consumato il voltafaccia.
Alle
19 e 30, poco prima che Badoglio arrivasse agli studi EIAR, lo stesso Rahn, a
Palazzo Chigi, allora sede del Ministero degli Esteri, riuscì ad esclamare “ma
questo è tradimento” quando Raffaele Guariglia lo informò dell’armistizio.
Si
concludeva così la guerra contro gli Anglo-Americani.
Affermare
che il nostro Governo abbia dimostrato in questa occasione superficialità ed
impreparazione è essere sostanzialmente teneri. Il Re, Badoglio ed il suo
staff erano stretti tra l’illusione di poter ancora contare qualcosa a livello
politico e la paura delle reazione dei tedeschi. Il potere era in realtà allo
sbando: in quei convulsi giorni gli uomini dovevano sostanzialmente
improvvisare a causa della mancanza di direttive e di collegamenti efficaci. In
realtà il Re e Badoglio scelsero il modo peggiore per dimostrare agli italiani
ed al mondo di che pasta fossero fatti. Bisogna anche ricordare che molti di
quegli uomini, troppo compromessi col fascismo, cercavano attraverso la
furbizia ed il doppiogiochismo di ricostruirsi una sorta di verginità nei
confronti degli alleati. Questi in realtà erano molto più interessati alle infrastrutture
italiane ancora in essere e che potevano essere utilizzate a fini bellici
piuttosto che ad avere rapporti con gli italiani. Non smisero mai di
considerarci un popolo sconfitto: il 29 settembre sulla corazzata Nelson, al largo dell'isola di Malta, Badoglio ed Eisenhower siglarono il cosiddetto “armistizio lungo”. Di fatto si
trattava della ratifica della resa senza condizioni dell’Italia. A tal proposito giova ricordare che il
documento, “condizioni aggiuntive di armistizio con l’Italia” nella nostra
lingua, in inglese si intitola “Instrument of surrender of Italy”. L’Italia si
arrendeva consegnandosi alle Nazioni Unite e sarebbe stato considerato da lì in
avanti come paese sconfitto.
Il
pressappochismo, la superficialità, la presunzione e l’inconsistenza della
classe politica di allora, aprirono le porte non già alla conclusione delle
ostilità, ma alla stagione della guerra civile e delle vessazioni da parte dei tedeschi nei confronti
del nostro paese. Nomi quali Cefalonia, Marzabotto, Sant’Anna di Stazzema hanno
ancora oggi una valenza sinistra.
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